Il
Partigiano Dartagnan
Capitolo
primo
Capitolo
Secondo
Capitolo
Terzo
Capitolo
Quarto
Famiglia Cotti
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Come era
organizzata una formazione (compagnia)?
Una squadra era composta da sei - otto uomini, minimo due
squadre formavano un gruppo, almeno due gruppi costituivano
una formazione.
Più
formazioni un battaglione, più battaglioni una
brigata.
Ovviamente vi era il capo-squadra, il capo-gruppo
comandante, il vice-comandante, il commissario
politico per formazione e inoltre un intendente
addetto al vettovagliamento, quando era possibile,
con il grado di maresciallo.
Fra i capi-squadra vi era da tempo Nicoli Enrico di
Persiceto.
Tutti noi entrammo nella sua squadra: Serrazanetti
mitragliere, Forni Dario aiutante mitragliere, io
con gli altri quale gruppo di difesa dell'arma. |
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Addestramento
partigiani |
Per
circa una settimana non successe nulla di anormale,
si facevano pattuglioni notturni per esplorare
continuamente la zona assegnata alla nostra
formazione, a volte di notte si era comandati per
azioni varie, organizzate di norma dal comando
generale.
Noi eravamo arrivati in montagna l'ultimo giorno
della grande battaglia campale, che fu quella di
Montefiorino.
La repubblica di Montefiorino
Quando l'otto settembre 1943 i componenti la casa
Savoia, insieme con i dirigenti governativi,
abbandonarono l'Italia in balia dei nazisti, per
salvare le proprie persone, lasciando le forze
armate italiane allo sbaraglio senza ordini, senza
guide, senza direttive, si realizzò, anche se in
misura limitata, una unità fra i soldati italiani ed
il popolo.
Si affiancarono gli uni agli altri nel combattere i
nazisti, come avvenne a Porta S. Paolo a Roma.
Tutte le forze democratiche si organizzarono, tutti
gli amanti della libertà cercarono dopo tanti anni
di sopraffazioni e di dittatura fascista, culminata
nella rovina completa della guerra, di creare un
movimento capace di unirli e di convogliarli contro
l'invasore tedesco e il traditore fascista.
Ne nacque una lotta epica con punte di un'immensa
importanza.
Montefiorino fu il primo territorio italiano
ad essere Repubblica.
Come in tutta l'alta Italia, sulle montagne modenesi
alcuni giovani, fra i quali vi è Mario Ricci, ex
combattente in Spagna, che conosce la guerriglia ed
ha ampie doti di strategia, danno vita ad un primo
nucleo armato.
Le attività di questo gruppo sono dei fulminei
attacchi a pattuglie nemiche o ad automezzi isolati,
per poi effettuare un rapido spostamento di decine
di chilometri e attaccare di nuovo in un altro
luogo, ripetendo continuamente i combattimenti. Dopo
poco tempo questo gruppo diviene leggendario come
leggendario ne diviene il comandante "Armando".
A
centinaia i giovani accorrono ad ingrossare la sua
formazione.
Per armare tutti questi volontari non si può che
prendere le armi ai fascisti. Dal gennaio al marzo
1944 vengono infatti disarmati i presidi fascisti di
Pavullo, di Lama Mocogno, di Polinago. I nazisti ed
i fascisti rispondono barbaramente, bruciando e
devastando tutto a Monchio, a Susano, a Costrignano.
L'affluenza dei giovani è massiccia. Ormai sono
migliaia. Si compongono tante formazioni, si
costituiscono nuovi battaglioni e si dà vita ad una
grossa unità armata: la divisione "Modena", facente
parte delle brigate Garibaldi.
In aprile i garibaldini della "Modena" sul Monte
Penna sostengono il primo combattimento campale.
Il tipo di lotta cambia.
Dai colpi di mano a sorpresa si passa a schieramenti
di compagnie e battaglioni, manovrando a seconda
della necessità con i rinforzi a sostenere un
attacco frontale di più colonne nemiche; si passa
quindi al contrattacco, costringendo il nemico a
ripiegare in disordine.
La battaglia ha la durata di dodici ore.
Da quei giorni in cui Armando è considerato il
comandante in capo, la divisione dispone di 5000
uomini e controlla circa 1000 Kmq di territorio tra
il Secchia e il Panaro.
Con una tale forza Armando progetta la liberazione
di una vasta zona alle spalle, quasi 50 km. a
ridosso della linea gotica; ma per costituire
un'area libera occorre eliminare tutti i presidi
nemici.
Alla fine di maggio la prima parte del piano è
attuata: tutti i ponti sono fatti saltare, tutte le
strade sono interrotte, i presidi nazifascisti della
montagna non possono più ricevere rinforzi, nè
soccorrersi a vicenda.
Nella prima decade di giugno i partigiani liberano i
centri di Prignano, Castellarano, Frassinoro,
Cerredolo, Palagano, Toano, Villa Minozzo, Ligonchio,
Piandelagotti, Polinago.
In
queste operazioni i tedeschi e i fascisti hanno
perduto oltre 1300 uomini, un numero considerevole
di automezzi, di armi e di munizioni, inoltre i
partigiani hanno distrutto quattro autoblindo e
ventitre tra cannoni e mortai.
In
mano ai nazifascisti, al centro della zona
operativa, è restato Montefiorino, dominato dalla
rocca medioevale, trasformata in poderosa fortezza.
Alle due del mattino del 18 giugno 1944 i
garibaldini, dopo una riuscita manovra di
avvicinamento, muovono all'attacco. Espugnano prima
tutti i capisaldi difensivi ed infine la rocca, con
l'occupazione della quale si realizza il piano della
zona libera che, elettrizzando gli animi, farà dire
ai partigiani:
- Oggi proclamiamo la Repubblica in tutta
l'Italia. |
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Rocca di Montefiorino |
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Ora
gli uomini di Armando sono più di 8000 e pongono al
comando problemi organizzativi sempre nuovi e
complessi. Inoltre c'è da provvedere alle necessità
della popolazione e pensare alla difesa di questa
prima Repubblica partigiana, la quale è come un
piccolo stato che i partigiani debbono far
funzionare.
È il banco di prova delle loro capacità e di quelle
dei contadini e degli operai, che sono sempre stati
esclusi dalla direzione della cosa pubblica.
Sapranno governare quel territorio?
Montefiorino è il primo esperimento e dà una
risposta affermativa.
Anzitutto il popolo è chiamato ad eleggere
liberamente i suoi amministratori ed essi promuovono
immediatamente alcune riforme tipiche di uno stato
moderno.
Si stabilisce ad esempio la proporzionalità dei
tributi in base al reddito, diminuendo le tasse ai
meno abbienti.
I prezzi delle derrate alimentari vengono stabiliti
da una commissione, di cui fanno parte sia
rappresentanti dei produttori che dei consumatori.
L'ordine pubblico viene assicurato dalla polizia
partigiana e regolari tribunali, coadiuvati dalle
giurie popolari, assicurano la continuità della
giustizia. Nello stesso tempo si procede alla
sistemazione militare del territorio.
Le varie formazioni della "Modena" vengono
organicamente collegate con quelle reggiane, forti
di 2000 uomini.
Al comando di questo vero e proprio corpo di armata
è Armando, commissario generale è Davide (Osvaldo
Poppi).
Si organizzano i servizi sanitari con la
costituzione di un ospedale centrale a Fontanaluccia
e di infermerie a Farneta ed in altre zone.
A Frassinoro i partigiani costruiscono una pista per
facilitare gli aviolanci e per l'atterraggio di
aerei.
A
Montefiorino, sede del comando, si costituisce
l'autoparco dotato di garage ed officina di
riparazione.
Qui ha
pure la sua sede una missione militare inglese, che
mantiene i contatti con il comando alleato.
Da esso dipendono gli avio-rifornimenti (sempre però
limitati, perchè i garibaldini non godono le
simpatie politiche degli alleati).
In luglio giungerà a Montefiorino anche un
ufficiale del risorto esercito italiano con
l'incarico di preparare il terreno per accogliere il
lancio di un battaglione di paracadutisti della
divisione "Nembo", che il nostro governo ha
destinato a rafforzare lo schieramento partigiano. |
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Brigata
partigiana |
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Montefiorino si trova in una posizione
strategica di prim'ordine, controllando due strade
statali indispensabili ai nazisti per collegare
l'Emilia, la Toscana e la Liguria ed è anche una
grossa minaccia per tutta la linea gotica, sulla
quale viene concentrata l'intera potenza militare
nazista.
Alla
fine di giugno il generale nazista Messene,
comandante il settore appenninico propone, a nome
delle forze armate tedesche, una tregua al comando
partigiano, per indurre la divisione "Modena" a
sospendere le puntate offensive.
La proposta è un espediente per guadagnare tempo e
organizzare il contrattacco. Ma i partigiani non
abboccano ed al delegato del generale Messene
rispondono che con i nazisti si può solo combattere.
Il 19 luglio da Piandelagotti i tedeschi
vibrano il colpo di maglio che deve
scardinare la linea partigiana.
La IV divisione resiste per dieci ore, il
tempo necessario per permettere ad Armando
di organizzare il contrattacco, spostando
verso la zona di combattimento la divisione
speciale che per metà è composta,
(formandone un battaglione) da soldati
russi, fuggiti dai campi di prigionia
nazisti.
Sono proprio i partigiani sovietici che li
attaccano frontalmente al grido di "Hurrah
Stalin" ed assieme agli altri partigiani
rioccupano Piandelagotti, infliggendo grandi
perdite al nemico.
Un partigiano scriverà su un muro:
"Da Piandelagotti non si passa: riprovare per credere! "
La grossa disfatta costringe i tedeschi a
preparare un piano più complesso, il quale
prevede l'attacco a più punti dello
schieramento partigiano, per impedire
l'intervento in aiuto dei punti deboli, da
parte delle formazioni non impegnate.
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Brigata partigiana |
Così, mentre gli alleati sono alle porte di Firenze,
ad un centinaio di chilometri i tedeschi ritirano
dalla linea gotica, dal fronte, più di 20.000
uomini.
Altri 5000 li fanno affluire dal piacentino, altri
5000 li ricevono dai fascisti e possono così
concentrare attorno alla Repubblica partigiana più
di 30.000 uomini con cannoni di medio e grosso
calibro, carri armati, autoblindo e lanciafiamme.
Secondo il piano nazista le forze di attacco,
suddivise in più colonne, dovranno penetrare
simultaneamente nella zona libera da più punti,
separare e battere le divisioni partigiane, per poi
annientarle.
Il 29 luglio 1944 i nazisti attaccano su tutto il
fronte, ma riescono ad avanzare solo verso Villa
Minozzo e Cerredolo.
Non fanno progressi negli altri settori.
Il giorno 30 sui reparti reggiani schierati a difesa
del Secchia, fra Castellarano e Cinquecerri, si
scatena un violentissimo fuoco di artiglieria.
Assaliti prima frontalmente, poi minacciati di
aggiramento, i reggiani debbono ripiegare, ma pur
ritirandosi impegnano pesantemente il nemico, il
quale sfoga la propria ira bruciando tutto ciò che
trova ed il 30 alla sera, provatissimo sospende
l'attacco, per portare in linea nuove forze.
Il 31, superata Villa Minozzo, i tedeschi minacciano
di aggiramento la V divisione che, dietro ordine del
comando, si spingerà in avanti, passando fra le
maglie naziste e si attesterà fuori
dall'accerchiamento.
A questo punto il capo della missione alleata non
solo ha fatto sospendere il lancio dei paracadutisti
della "nembo", ma ha anche ordinato la distruzione
del deposito di armi e di munizioni del battaglione.
Queste erano state avio-lanciate e invano il comando
partigiano le aveva chieste, per rifornire i suoi
uomini e la popolazione che chiedevano armi per
difendere la Repubblica.
Il 2 agosto, frazionate le forze, si attraversano le
maglie naziste per poi concentrarsi e liberare nuovi
paesi: Lizzano, Vidiciatico, Castelluccio,
Monteacuto, Pianaccio.
Per
tutto l'inverno verrà tenuta la linea del fronte che
da S. Marcello Pistoiese passa per Monte Spigolino,
Riva, Rocca Corneta fino a oltre il Monte Belvedere.
Le perdite partigiane sono di 250 fra caduti e
dispersi, più 70 feriti; il nemico ha lasciato sul
terreno 2080 morti ed un numero imprecisato di
feriti.
Sono una ventina i persicetani che, prima, durante e
dopo la Repubblica di Montefiorino, hanno
militato nella divisione "Modena" e vi è anche chi
per quella prima Repubblica italiana ha perso la
vita come il partigiano Rusticelli, proveniente
dall'arma dei carabinieri.
Ma Montefiorino era stata da noi proclamata
Repubblica.
Era
la prima Repubblica italiana ed i partigiani
continuavano a ripetere:
- Oggi Montefiorino domani tutta l'Italia -. |
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